La e-mail in sé e per sé considerata non prova nulla

La e-mail in sé e per sé considerata non prova nulla
17 Aprile 2018: La e-mail in sé e per sé considerata non prova nulla 17 Aprile 2018

Recentemente la Corte di Cassazione si è pronunciata sull’efficacia probatoria dei documenti informatici, tra cui i messaggi di posta elettronica e-mail non sottoscritti con firma elettronica qualificata o digitale.

Nello specifico, per la Corte di Cassazione “l’efficacia probatoria dei documenti informatici, tra cui le e-mail, non sottoscritti con firma elettronica avanzata (qualificata o digitale) è liberamente valutabile dal Giudice in relazione alle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità” (Cass. Civ., sez. lavoro, 08.03.2018, n. 5523).

Nel caso di specie, la Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, aveva condannato una società al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso e supplementare in ragione del recesso in favore di un proprio dipendente da essa licenziato.

Per il datore di lavoro (società) il licenziamento però era giustificato da una “errata applicazione della procedura di rivalutazione di magazzino che aveva portato all’accredito di somme non dovute in favore di alcune società partner”.

Tuttavia, ad avviso della Cassazione la prospettazione, del datore di lavoro era fondata solamente su messaggi di posta elettronica ordinaria e quindi “di dubbia valenza probatoria”.

La Corte d’appello aveva dichiarato l’illegittimità del recesso perchè esercitato “in difetto di riscontri certi che dimostrassero il diretto coinvolgimento del lavoratore nella procedura irregolare di rivalutazione”.

Avverso tale decisione, la società datrice ha proposto ricorso per Cassazione, criticando la statuizione del Giudice di merito che “ha messo in dubbio l’autenticità dei contenuti delle e-mail, laddove una tale deduzione non era stata introdotta dal lavoratore in primo grado”.

Ed infatti il lavoratore si era “limitato” ad affermare che i contenuti delle e-mail “non potevano essere conoscibili e, solo in replica riconvenzionale, aveva precisato di non aver ricevuto le e-mail in oggetto” (contestando solo in sede di gravame l’autenticità dei documenti).

Pertanto, il datore di lavoro lamentava la violazione dell’art. 414 c.p.c., per aver il Giudice di merito dato rilevanza “sia pure in maniera indiretta a circostanze non ritualmente allegate”.

La Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso presentato dal datore di lavoro, ha affermato il principio di diritto per il quale “quanto all’efficacia probatoria dei documenti informatici, l’art. 21 del D.Lgs. n. 82/2005 attribuisce l’efficacia prevista dall’art. 2702 c.c. solo al documento sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, mentre è liberamente valutabile dal Giudice, ai sensi dell’art. 20 del medesimo decreto legislativo, l’idoneità di ogni diverso documento informatico (come la e-mail tradizionale) a soddisfare il requisito della forma scritta, in relazione alle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità”.

La Suprema Corte ha infatti evidenziato che la sentenza della Corte d’appello non aver messo in discussione tanto la sussistenza di una corrispondenza pervenuta all’indirizzo di posta elettronica del dipendente, ma aveva piuttosto escluso che “i messaggi (fossero)riferibili al suo autore apparente” e trattandosi di e-mail prive di firma elettronica.

Conseguentemente “la statuizione non poteva esser censurabile” in relazione all’art. 2702 c.c., per non avere i suddetti documenti natura di scrittura privata ai sensi del D.Lgs n. 82/2005, per cui ad essi non poteva attribuirsi l’efficacia prevista da quest’ultima disposizione.

           

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